Intervista con la biro - Valentina Luberto, Sghembestorie

Cari lettori, perché è a voi che mi rivolgo, buon lunedì. Ed è un buon lunedì perché vi consiglio caldamente un libro da leggere. No, non dovete correre in libreria: vi basterà fare qualche operazione con lo smartphone o il pc e con il costo di un caffè vi immergerete in qualcosa che, sono sicuro, non potrà deludervi. Salinger, che rimane sempre uno dei miei autori preferiti, ne "Il Giovane Holden" ci regala una delle citazioni più abusate della letteratura;

Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.”

E bene, io ho avuto la possibilità di conoscere una persona che, un libro, lo ha scritto davvero. Valentina Luberto, Lettere Animate Editore, Sghembestorie. La raccolta è composta da dodici racconti. Li ho letti in pullman, in treno, seduto sulla panchina mentre aspettavo. Perché questo è ciò che c’è di bello nella lettura digitale: è immediata, veloce, non inquina. Io e Valentina ci siamo presi il tempo di un caffè (virtuale) e ho provato a chiederle qualcosa su questo suo traguardo.
Passiamo subito alle domande... La prima cosa che vorrei chiedere a uno scrittore di cui ho appena finito un libro e che ora ti chiedo è: da dove vengono le tue storie, i tuoi personaggi?

(Valentina Luberto): Dalla vita che vivo e che mi diverto a reinventare.

Oh, la prima domanda è andata! Sono stato bravo, eh. Torniamo a noi: leggendo le tue storie ho notato un’atmosfera particolare, completamente avulsa dalla realtà; i protagonisti vivono storie ai limiti della realtà: i tuoi racconti, infatti, sono imbevuti di surreale. Ci spiegheresti il perché?

(V.L): La realtà non mi basta, dunque, anche solo sapere di poter creare qualcosa che non c’è, ma che mantenga qualche piccolo segno che ricordi il reale – come nel caso del surreale – mi regala uno sguardo più colorato e con più possibilità su quello che vivo.

Già dalla copertina non ho potuto non notare che il tuo libro ha un altro aspetto peculiare. Solitamente assistiamo a copertine trash, photoshoppate, con mille colori. La tua invece è minimale e ospita un disegno: una penna dalla quale partono alcuni segni, che poi ho scoperto essere i protagonisti delle tue storie. E sfogliando l’e-book, ho potuto notare che ogni racconto possiede il suo: penso che sia assolutamente una cosa fantastica! Spesso gli scrittori hanno preso in prestito i segni della pittura per scrivere (pensiamo a Miller e Rouault). Nel tuo libro ci sono appunto questi scarabocchi. Perché hai utilizzato questa forma grafica?

(V.L) La verità è che mi sarebbe piaciuto saper disegnare bene, ma non sono brava, almeno non quanto vorrei esserlo. Quelli che introducono i racconti sono dei semplici schizzi che io amo definire scarabocchi perché nascono seguendo l’intuizione del momento e sono fatti con un pennarello o una penna, senza la possibilità di essere ritoccati. È la loro imperfezione che mi piace, allo stesso modo, nella vita tendo a legarmi sempre a ciò che è imperfetto.

Un’altra domanda che chiederei a qualsiasi autore dei libri che leggo perché sono curioso come un gatto è: qual è il tuo rapporto generale con la scrittura?

(V.L) La scrittura per me è l’opportunità di allontanarsi, di mimetizzarsi, talvolta è una spinta per trovare coraggio o per guardare alle cose e al mondo in maniera diversa, in altri casi è un modo per ricordare, riconoscere, trattenere o lasciare andare. Una possibilità.

In Italia l’editoria, inutile dirlo, è in crisi. La pubblicazione in e-book mi pare un buon modo di difendere il piacere della lettura e la possibilità di farsi conoscere. L’anno scorso c’è stato anche uno show televisivo sulla scrittura, Masterpiece! Tralasciando la mia opinione, c’era una cosa di questo programma che mi piaceva tantissimo: a fine puntata i partecipanti avevano la possibilità di presentare il proprio libro a uno scrittore famoso in sessanta secondi. E siccome io sono molesto, beh, adesso sarai tu a fare il pitch e a convincere i lettori a leggere il tuo romanzo!  

(V.L): [Attiva il cronometro] Sghembestorie è un modo per riconoscere il mondo allontanandosi dal mondo. È un viaggio nella parte più vulnerabile di sé che permette di avvicinarsi e di toccare ciò che di meno tangibile possa esserci, ma verso cui inesorabilmente si tende. So di non dire molto, ma quello che segretamente – adesso non più tanto segretamente – spero è che ogni lettore arrivi all’ultima parola, anche di un solo racconto, e pensi: Quante volte sono stato René; oppure, Quel “lacrimoto” l’ho sentito anch’io; ancora, Quell’esperto lì mi sembra di conoscerlo, anche se non ho mai fatto le cialde… ecco, pensieri così mi renderebbero davvero felice. [Ho dimenticato il cronometro. Forse mi avanza qualche secondo. Continuo a provarci: vi ho convinti?]

Che dire? A me hai convinto, già dalla copertina. E a voi? Se siete curiosi qui c’è un’ulteriore presentazione del libro.


I link per acquistarlo negli store digitali ( e in cui potete leggere anche un’anteprima, per farvi un’idea.):

Su Amazon la trovate qui: http://goo.gl/uZP4ng
La Feltrinelli: http://goo.gl/3wqh14
InMondadori: http://goo.gl/57zGpW
Bookrepublic: http://goo.gl/Vcx58m
LeggoEbook.it: http://goo.gl/k5JdeR

 Inoltre potete trovarlo anche sul Play Store cercando il titolo.

Ho sempre timore a parlare di libri perché sono per me un territorio sacro che ho paura di calpestare. Questa volta, però, sono sicuro di aver fatto la cosa giusta: far conoscere questo libro che mi ha tanto appassionato.
Adesso… Leggete e moltiplicatevi.
A presto, gentaglia.


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