Le parole che restano - 67


Salvami.
Anche se non ti importa.
Se non mi hai mai guardato, ora fallo - eppure ho consumato litri di voce per tutte le volte in cui ti ho cercato.
Eccomi qui, al bagnoasciuga di noi stessi, finalmente.
Ora sto in silenzio, perché non c'è niente da dire. Mi avvicinerò senza muovere un passo, sarà solo due gambe che planano.
Mi avvicinerò così tanto che dai tuoi occhi non vedrai più niente, solo i miei contorni sfocati.
Mi infilerò tra le tue cosce come una chiave, svelerò le tue stanze segrete da qui.
Non ci sarà musica di sottofondo, ma i rumori piccoli della strada su cui ci affacciamo ogni giorno. Frenate, porte che si aprono, campanelli al vento.
Non te ne accorgi neanche.
Di come ti guardo così da vicino, con i miei occhi sparsi in tutte le schiene dei passanti intorno a te, quando non ti posso reggere la mano, perché la vita ci allontana.
Non si vive per noi, ma per tutti i cosmi che dobbiamo combattere, per gli scheletri della salvezza, solo noi, corpi senza pelle.
Mi affeziono a ogni cosa che lasci di te. Perfino dei piatti sporchi, dei cucchiaini che usiamo per il té. Li incastonerei alla parete, in modo da non farli fuggire mai. Non farei cadere nessuna goccia sul parquet, quando fai la doccia.
Raccoglierei e berrei perfino anche te.
E la notte che si avvicina, gli studi che si chiudono, i negozi che rallentano. Le macchine che frenano.
Arriva la notte ed è, ancora, un altro noi.

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