15. Caffé letterali e stelle sparse


Mi sono sempre piaciuti i caffè letterali.

Già da fuori annusi l’odore del thé, e del caffè che si mescola con l’essenza dello Spirito fenomenologico evocato da qualche diatriba letteraria all’interno.

Adoro sedermi fuori, sulle sedie leggere, ed aspettare che un giovane barista si avvicini per scrivere su fogli avani ciò che pronuncerò mentre osservo la notte. Mi piace vederlo sgattaiolare dentro mentre la sua mente immagina come dovrà prepararmi il mio solito thé alla vaniglia.
Mi piace sentire il tintinnio dei cucchiaini nelle tazze, il respiro dei fogli addormentati tra le dita, il rumore del vento che solleva le tende e le persiane dei palazzi vicini che sognano per poco di essere creature del cielo.

Mi soffermo ad ascoltare le discussioni dei miei coinquilini temporanei, le inflessioni dialettali; ascolto le anime accendersi e poi placarsi, attendo gli sguardi tra gli amanti e le carezze materne come seta.

La notte stellata è magnifica: unisce quest’universo di costellazioni differenti, le nostre anime erranti come ombre solitarie, sotto lo stessa cupola luminosa. Ed è sorprendente come qualcosa ci unisca e ci separi insieme, sia buio e luce, compagnia e solitudine.
Osservo la luna dentro la mia tazza di thé. Si mescola con il pallore chiaro della vaniglia liquida; muovo il cucchiaino e mescolo il mio satellite chiaro con ciò che berrò tra pochi secondi, ora.

“Ha bisogno d’altro, Lord Vincent?”

Scuoto la testa per dire di no, e per far volare i miei pensieri verso il cielo – come leggeri palloncini ad’elio. Incontreranno le stelle, le circonderanno e moriranno al contatto per il loro splendore.

A volte qualcuno mi guarda, sorride.

Perdono il loro sguardo vuoto sul lungo cappotto blu che indosso, nell’orologio d’oro al polso, nei miei mocassini scuri.
Li sento vociferare il mio nome, si chiedono chi io sia. A volte qualcuno mi ha pedinato per capire dove abitassi. Allora sono entrato in un grande palazzo storico e ci sono rimasto per qualche minuto. Poi ho aperto il portone e sono sgattaiolato via. Verso la mia casa.

Vivo sotto un ponte.

Sono un nobile decaduto, un conte senza eredità. Ho solo il mio tempo rinchiuso nel mio quadrante di valore al polso, e i calzini di seta. Nient’altro.
Mi piace fantasticare con la loro mente, mentre mi immaginano dormire in lenzuola rosse con cuscini di piume. Ed invece mi ricopre solo una scatola di cartone bagnato ed umido.
Il barista lo sa.
Mi sono sentito toccare le spalle una mattina mentre ancora dormivo, e il sole non c’era. Passava di lì e in una smorfia di stupore si è avvicinato per chiedere cosa ci facessi.
Gli ho detto la verità. Non mi ha più permesso di pagargli il thé, e mi ha promesso di celare la mia storia. William era un brav’uomo – questo era il nome del barista. Mi ha detto che si stava sfumando in lui il pensiero di Lord Vincent nobile e felice. In realtà gli ho detto che si sbagliava: ero ancora nobile, ed ancora felice. Si deve tendere alla migliore delle condizioni, ma bisogna sorridere di ciò che si ha.

Ed io sorrido della notte stellata.

E’ tardi, devo andare via. Apro la mia cartella scura ed entro dentro.

“Ho dipinto il caffè, William. Appendilo dove vuoi.”
“Grazie Vincent, non dovevi farlo.”
“E’ l’unico modo per ripagarti.”

Un giorno diventerò famoso, mi dice. Venderà il suo Van Gogh per un viaggio in Italia, e lì morirà felice.

Dlin!

Il campanello dell’entrata suona e richiama l’attenzione dei viandanti della sera. Un giro gratis di gin a tutto il bar. La gente si alza in piedi, mi guarda e mi ringrazia. William mi sorride e mi fa cenno di annuire, è un buon’amico. Qualcuno applaude, una donna canta. Un bimbo zoppo suona un violino rotto.

Un uomo fa ritorno alla sua dimora sotto i ponti, si addormenterà per sempre.

1 commento:

  1. molto bella e toccante questa storia che mi ha portato ad una riflessione....
    spesso si è portati a giudicare gli altri dall'esteriorità benchè non si conosca minimamente la sua vita e la sua storia...
    per essere nobili non basta un orologio d'oro, ma essa è una qualità dei puri di cuore, degli animi semplici e in questo caso il protagonista ha saputo tenere un contegno e una dignità tali da non mettere in dubbio la sua condizione; quello che più glin fa onore è che ha affrontato tutto con un sorriso....

    bellissima storia davvero, breve ma intensa e dirretta!
    sabry

    RispondiElimina